about me - Donatella Mancini

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Un giorno qualsiasi di fine ottobre, la valigia pesante del ritorno e la solita stazione di partenza.

I gesti automatici che si ripetono ormai da cinque anni, qualche volto noto e qualcuno sconosciuto.
I treni sono una sorta di tramite fra mondi, raccolgono persone, oggetti, cose che non si spostano da una città all’altra bensì tra sogni, speranze e illusioni.
Tutti quegli sguardi, alcuni persi nel vuoto, altri fissi sul finestrino, altri percorrono il tuo corpo insistendo sui tuoi vestiti, le tue mani, i capelli. A cosa pensano? Da chi tornano? Puoi solo immaginarlo, puoi solo ipotizzarlo. Mi piacerebbe chiedere, ascoltare…"sentire".
Sono seduta tra due ragazze, stesso sguardo silenzioso e impersonale, acconsento a seguire lo stesso comportamento. Qualcosa però mi osserva.
Le cose esistono perchè ci osservano.
Giro lo sguardo di fronte, in fondo al vagone, a fianco alla porta di ingresso, è in piedi, rigido e mi fissa intensamente. Sostengo il suo sguardo perché so che sta accadendo, l’incontro che di rado cattura la tua attenzione, quell’incontro a mezz’aria che sospende il tempo che cattura i suoni e ferma lo scorrere del treno sulle rotaie.
E’ un copriabito nero, opaco, con una lampo chiusa fino al collo sostenuto da una stampella appeso sulle aste del portavaligie del treno. Un piccolo rettangolo di plastica trasparente, come una piccola finestra fa luce all’altezza del cuore. E’ li fermo immobile, conserva il cappotto di un viaggiatore. So che sta per dirmi molte cose, abbasso lo sguardo intimidita ma poi iniziamo a parlare. Gli spiego come avrei potuto usare quella piccola finestra per conservare le mie foto come in una cornice, gli spiego quante cose poteva comunicare a tutti quegli sconosciuti se lo avessi appeso tra le pareti di un museo, gli spiego tutto quello che potrebbe conservare oltre quel cappotto, gli spiego come un oggetto ordinario può diventare straordinario. Mi ha ascoltata per tutto il tempo, mi ha "sentita" per trentacinque minuti fino all’arrivo in stazione. Il treno rallenta, inizio ad alzarmi ed i nostri sguardi sono sempre più vicini fino all’uscita del vagone, dove lo osservo per l’ultima volta, consapevoli entrambi che non ci saremmo più lasciati.

Donatella Mancini


 
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